Alfabeto e pronuncia È debito di lealtà avvertire che ho cercato per quanto mi fu possibile di condurre questa grammatichetta sul tipo della nuova, ottima grammatica della Lingua Italiana del prof. Ettore Piazza, del R. Istituto Tecnico di Savona, perché mi parve chiarissima e di un valore didattico inestimabile. dal Vocabolario "Milanese/Italiano" - Prof. Francesco Angiolini - Milano, dicembre 1896 1. Le lettere dell'alfabeto nel dialetto milanese sono ventuna: a, b, c, d, e, f, g, h, i, l, m, n, o, p, q, r, s, t, u, v, j. AVVERTENZA: Manca al dialetto, in confronto della lingua italiana dalla quale deriva, la lettera z, interamente sostituita dal suono della s. La lettera h non ha un suono a sè, ma, come in italiano, serve come iniziale in alcune voci del verbo vègh = avere, e serve a determinare il suono gutturale del c e del g seguiti da e e da i, o in fine di parola, mancano nell'alfabeto per questi suoni e segni corrispondenti. L'j non serve che come segno grafico nelle finali di molti nomi e aggettivi, corrispondenti per lo più alle finali italiane: alli, agli, aglio, èlli, egli. 2. Le lettere si dividono in vocali, che sono cinque: a, e, i, o, u, e in consonanti, che sono sedici: b, c, d, f, g, h, l, m, n, p, q, r, s, t, v, j. Le vocali a, e, o, hanno suono aperto e suono chiuso, distinti dal segno ` che denota la vocale aperta; la vocale chiusa non ha segno alcuno. Ai suoni a, e, i, o, u, va aggiunto il suono u che si pronuncia come l'eu francese, dal quale deriva. L'u ha pure due suoni: l'ü lombardo, pronunciato alla francese e l'u pronunciato come l'u toscano. Es. tücc, mür, crüdêl; punt, ung, tàmbûr. 3. Fra le consonanti il c e il g hanno suono palatino nei gruppi ce, ci, ge, gi; hanno suono gutturale nei gruppi ca, co, cu, ga, go, gu, che, chi, ghe, ghi, e nei gruppi ch, gh in fin di parola. 4. La s ha tre suoni (s, s, t,): il suono duro (s) che corrisponde al suono della s italiana in speciale, studio; il suono dolce (s) che corrisponde al suono della s italiana in vaso, viso, roso, visita; il suono, direi, strisciato (t) che tiene del suono della s dolce misto al leggero suono della z dolce italiana, come in tantàra, telànt. Quando l'incontro della s con la c o con la g, non deve dare le unioni che dà in scempio, coscia, mescere, ecc., si scrive sc, sg, e la s mantiene il proprio suono sibilante, non fondendosi con la consonante che segue. Es. üsciù, sciòpp, tgiàff. 5. Il gruppo gn ha suono palatino, come in italiano: gnècch, gnocch, ingègn. 6. Le consonanti non sono MAI raddoppiate nell'interno della parola. Si raddoppiano le consonanti, tranne la r e la v, in fine di parola che termini per consonante ed abbia la posa della voce sull'ultima sillaba: gòss, bàlòss, perfètt, istitütt, màlànn, portarüff, sàlàmm, fàrèmm, pàràfrèdd, pàrècc, fràdèll, mòll, càvàll. Fanno eccezione: a) le parole terminanti in n che devono avere suono nasale, alla maniera francese. Es. bôn, padrôn, vilân, birbôn àncàbên, qüèidün, e le terze pers. plur. dei verbi nelle quali la n suona sempre con lo strascico finale, quasi fosse accompagnata da una e muta. b) le parole terminanti con una sillaba di suono lungo, le quali sono considerate come piane. (Vedi n. 7 N.B.) Es. nevôd, proêd, àmòr, pensèr, ànimàl, àltâr, càrnevâl, vìd, ciòd, pès, pàs, e sim. Fà eccezione anche sôl = sole: mentresegue la regola sôll = solo. 7. Una sillaba composta da più vocali ha sempre una di queste che si pronuncia più forte delle altre; così una parola di più sillabe ha sempre una di queste che si pronunzia più forte delle altre. La vocale o la sillaba che in una parola di pronuncia più forte dicesi VOCALE o SILLABA TÒNICA, e la posa più fotre della voce che si fa sulla sillaba tònica dicesi ACCENTO TÒNICO della parola. La sede di questo accento tònico e indicata dall'accento gràfico che per noi è ^. Anche il dialetto milanese ha parole tronche: vedè, sàvè, Gesü, làsàgn, pàrpàj, fràdèj; parole piane: màma, pedàna, candèla, tìla, sèra, posìbil; e parole sdrucciole: perpètüa, fìstola, vèdova, côdegna, fôlega. N.B. In milanese si possono considerare come piane, quantunque la sillaba tònica sia l'ultima, quelle la cui ultima sillaba è lunga o ha suono nasale. Odôr, àmôr, àmàr, perdòn, mâmân, pàdrîn, fiolîn, vedovîl, fedêl, üguàl, ecc. Siccome poi le doppie non possono stare in fin di parola se non quando l'ultima sillaba è tònica, le parole con le doppie in fine non hanno l'accento gràfico; il quale non si segna neanche sulle parole terminanti in aa, ee, ii, üü, dove la vocale a, e, i, ü è pronunciata come tònica e lunga o stemperata. . |